Chi ha paura del Tarot?

Chi ha paura del Tarot? Io direi parecchie persone. Ebbene sì: la mia esperienza mi dice che ancor oggi, nel 2019, c’è qualcuno disposto a credere che i Tarocchi siano qualcosa di diabolico, di contrario a imprecisate norme morali, di sconveniente, di inopportuno. Le superstizioni, si sa, sono dure a morire. Si diffondono in maniera incontrollata e irragionevole, sono prive di fondamento, eppure fanno presa su tanta gente, anche di elevato livello culturale.

Sono convinta che la paura, in questo specifico caso, abbia due ben noti genitori: l’ignoranza e la cattiva informazione. Quanto alla prima, noto sempre con un certo dispiacere che la gran parte di coloro che stigmatizzano i Tarocchi non ha la minima idea di quando, come e perché siano nati. Ignorano, ad esempio, che questo strumento affonda le proprie radici in quello straordinario periodo della nostra storia che è il Rinascimento e che allora veniva impiegato a uso ludico e didattico. Quanto alla seconda, nella quasi totalità dei casi in cui si parla di Tarocchi, passa il messaggio del loro carattere prettamente esoterico, naturalmente ricollegato a finalità predittive.

Ecco, credo che, nel 2019, con tante fonti di informazione, tante occasioni di confronto, tante opportunità di studio a disposizione, una narrativa di tal genere sui Tarocchi non sia più accettabile. Chi continua a mettere in campo argomentazioni di tal genere mostra soltanto la sua mancanza di volontà di documentarsi seriamente in merito a un argomento che negli ultimi anni ha catturato l’interesse di autorevolissimi studiosi, sia italiani (penso a Widmann), sia stranieri (penso a Semetsky e Rosengarten). Oggi come oggi, insomma, l’ignoranza è una scelta.

I Tarocchi sono un eccellente strumento di indagine su sé stessi, di potenziamento dell’immaginazione e del pensiero laterale, di ampliamento della propria visione del mondo, non certo un mezzo di predizione di un improbabile futuro ad opera di folkloristici personaggi. Ma questa è un’altra storia. Alla prossima.

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