Il fagotto del Matto

Chi conosce e osserva le immagini dei Tarocchi da lungo tempo sa bene che, a un certo punto, si inizia a dare per scontato molto di ciò che si vede. Vedere non è quasi più necessario, alcuni improvvisano estemporanee interpretazioni mentali di tiraggi persino senza carte sotto agli occhi (cosa che a me, ad esempio, non riesce), muovendosi in un recinto di sicurezze ormai acquisite e standard interpretativi che finisce per trasformarsi in una vera e propria gabbia che toglie freschezza, spontaneità e potenziale innovativo alle letture che si fanno.

Ecco, allora, che diventa fondamentale rinnovare continuamente lo sguardo sui simboli, sforzandosi di osservarli da punti di vista sempre diversi che consentano di ampliare ogni volta la visione. E’ un processo che può essere aiutato andando a ricercare i temi degli Arcani nell’arte, nella letteratura, nella musica, ma, talvolta, capita che le intuizioni giungano da sole, quando meno ce lo si aspetta, e bisogna essere preparati a coglierle.

E’ quanto mi è capitato proprio ieri sera, quando – non so dire per quale ragione – mi si è materializzata in mente l’arcinota figura del Matto e la mia attenzione si è immediatamente soffermata sul fagottino che egli porta in spalla. Quando si ragiona del Matto, si pensa quasi subito alla libertà, alla follia, al divertimento, alla sregolatezza, ma ieri quel fagotto voleva portarmi da un’altra parte, a un altro tema: il viaggio.

Il Matto è un pellegrino, un viaggiatore, non soltanto nello spazio, ma anche nel tempo: in quanto archetipo dell’Inizio, dà l’avvio al cammino dell’Anima sulla Terra, che si incarna in un corpo fisico al fine di compiere le proprie esperienze sul piano materiale e realizzare il proprio potenziale interiore. Quando nasciamo, dunque, abbiamo un compito importantissimo: diventare liberi in noi stessi, dispiegare tutto il nostro potenziale, trasformare il piombo in oro, quel piombo che è contenuto nel fagotto del Matto.

Il fagotto del Matto ha due tipologie di contenuti: da un lato, ci stanno dentro i sospesi, i traumi, gli irrisolti familiari che condizioneranno la nostra vita; chi sa qualcosa di costellazioni familiari o di psicogenealogia e simili è consapevole di quanto la storia familiare incida sul vissuto individuale di ciascun componente del nucleo, ma, per chi apprezza un approccio più razionale, anche gli studi di epigenetica sembra diano qualche evidenza del fatto che i traumi, in qualche modo e misura ancora al vaglio degli studiosi, si trasmettano alla stregua di una non gradita eredità (consiglio la lettura di questo breve articolo sulla trasmissione ereditaria degli effetti del trauma). Dall’altro, ci troviamo anche i talenti, le capacità, il potenziale che siamo chiamati a riconoscere e sviluppare, in un continuo esercizio di liberazione dai limiti che ci derivano dalle contingenze sfavorevoli sopra descritte. Come ci ricorda Hillmann nel suo “codice dell’anima”, possediamo un daimon che non ci abbandona mai e che spinge perché realizziamo la nostra vocazione, non solo a dispetto di tutti i problemi che incontreremo nella vita, ma anche grazie a loro.

Questi due contenuti del fagotto sono confusamente mescolati e strettamente embricati tra loro, per cui il lavoro del Matto sarà proprio quello di lavorare quanto più possibile sui primi per portare alla piena luce i secondi, in un continuo processo di crescita ed evoluzione, ascesa e caduta, simboleggiato dai ventuno Arcani Maggiori, la cui struttura enantiodromica, per usare un termine junghiano, rende chiaramente conto di un processo individuativo che non può svolgersi in maniera agevole e piana, ma chiama la persona al superamento di una serie di sfide che la rendono progressivamente più consapevole di sè.

Se assumiamo che si è del tutto liberi quando si è pienamente sé stessi, comprendiamo bene che il Matto non rappresenta la libertà, bensì il cammino, la spinta, l’anelito verso la libertà, che non è una condizione data, un regalo, un dato di fatto, bensì una conquista da raggiungere giorno per giorno. In relazione al simbolo del fagotto, il Matto simboleggia l’inconsapevolezza dell’essere, il quale ha necessità di passare attraverso una serie di tappe simbolicamente significative per svelare, esperienza dopo esperienza, quello che si nasconde nel suo sacchetto, ciò che, nei Tarocchi, viene rappresentato con l’Arcano XXI, il Mondo, compimento e realizzazione del viaggio del Matto.

Come ho spiegato nel mio libro, “Taronomia. Principi, metodo e deontologia della pratica tarologica“,

Il Matto dei Tarocchi non è cosciente di sapere benissimo dove sta andando, perché la sua consapevolezza è un’acquisizione continua e progressiva, che si palesa nella sperimentazione, passo dopo passo, degli archetipi incarnati dagli Arcani Maggiori. Ogni Arcano, una sfida evolutiva che lo avvicina sempre di più alla maturazione della sua ghianda.

E, se osserviamo il Mondo avendo in mente quanto scritto sinora, possiamo renderci conto che, adesso, il fagotto si è trasformato in una splendida ghirlanda che circonda e custodisce una preziosa Anima danzante, alleggerita dei pesi iniziali e realizzata nella sua natura più autentica, a ricordarci che liberi non si nasce, ma lo si diventa, affrontando con coraggio e lungimiranza le prove che l’esistenza dissemina sui nostri sentieri.

Consigli di lettura:

Approfondisci qui: Taronomia: i Tarocchi tra arte e norma

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