Ma l’amore no, o delle domande sull’amore ai Tarocchi

Voi non avete idea di quanto mi tedino le domande sull’amore. Una noia mortale, infinita, profonda. Sembra che le domande sull’argomento siano le uniche che davvero interessano la stragrande maggioranza delle della persone che chiede una lettura di Tarocchi. C’è anche chi parte bene, in verità, interrogandosi in merito a questioni che riguardano le proprie potenzialità inespresse, o le risorse personali da mettere in campo in un certo frangente, o le attitudini da coltivare per migliorare nei rapporti con gli altri, salvo poi giungere, in chiusura di consulto, alla fatidica domanda: “Possiamo vedere qualcosa sull’amore?”. A volte è quasi un timido sussurro, altre una richiesta talmente potente da farmi sospettare che tutto il resto sia stato solo un riempitivo per arrivare a ciò che realmente interessa alla persona: l’amore. Ma che razza di amore? Chi è single vuole sapere se incontrerà qualcuno e, possibilmente, anche di che colore avrà i capelli, in modo da orientarsi nello stormo di potenziali partner che potrebbero profilarsi all’orizzonte. Chi è in coppia ha un range di questioni più vasto: si va da “lui ha un’altra?” a “perché non mi guarda più come un tempo?” a “faccio bene a lasciarlo?” a “ha intenzione di lasciarmi?” e così via, il catalogo è ampio e variegato. E terribilmente noioso.

Mi perdonerete se confesso che trovo queste conversazioni di un infantilismo e di una banalità imbarazzanti, anche se poi, ad avere la pazienza di scavare, quelle domande possono rivelare questioni nascoste di ben diversa caratura (io le chiamo “domande paravento”). Per questa ragione, quando non posso evitarle, cerco di renderle più interessanti e, soprattutto, utili per i miei interlocutori, anzi, interlocutrici, perché sì, a rivolgere queste domande ai Tarocchi sono, nove volte su dieci, almeno nella mia esperienza, donne. Un dato che mi sconforta e mi dà da pensare. Per quale caspita di motivo noi donne, davanti al miracolo di un mazzo di carte che ci può aiutare a diventare persone interiormente più ricche e profondamente consapevoli di noi stesse, non siamo quasi capaci di esprimere nessun interrogativo che non riguardi l’amore? E, si badi bene, sempre inteso nel senso di qualcuno che ci completi, che colmi le nostre lacune affettive, che ci prenda per mano e faccia da stampella alle nostre insicurezze. L’amore ha tante facce, tanti risvolti, tante implicazioni, ma il punto è che finiamo sempre per proiettarci sopra un’idea di carenza che con l’argomento in questione, secondo me, ha ben poco a che vedere.

Le domande sull’amore, poste secondo i criteri della tarologia – sintetizzando e semplificando al massimo, azione nel presente e responsabilizzazione del consultante – dovrebbero tendere a un accrescimento di consapevolezza e all’evoluzione interiore di chi le pone. Cosa mai posso imparare da un “lui mi ama?”. Non farei meglio a chiedermi “perché mi preoccupo tanto che lui mi ami?” o “io mi amo?”. Perché il punto è questo: l’amore è sempre quello per qualcun altro o di qualcun altro nei nostri confronti, mai che si ponga il focus sull’amore per noi stesse. I consulti potrebbero prendere una piega ben diversa e portare frutti ben più succosi ma il fatto è che decenni di cartomanzia e di condizionamenti sociali hanno lasciato un imprinting duro da cancellare. Le domande sull’amore ne portano le tracce più evidenti.

Vorrei fosse chiaro che non ho scritto queste brevi riflessioni per per fare la morale. Lungi da me. E però mi auguro che qualche considerazione venga stimolata. Sul perché gli uomini non chiedono dell’amore con tanta frequenza, sul perché noi donne invece lo facciamo in maniera quasi esclusiva, sul perché dipendiamo tanto dall’amore di qualcun altro, sul perché non siamo capaci di godere di quella speciale e proficua libertà che si vive quando non si ha un compagno (o compagna). Tanti perché a cui rispondere. Anche senza carte.

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