Tarocchi e Sequenza di Contatto

C’è una cosa che dico sempre a chi, desideroso di imparare a comunicare con e mediante il linguaggio simbolico dei Tarocchi, mi chiede consigli su come iniziare a farlo: osservali come se fossi un bambino, rifuggendo le intellettualizzazioni, le complicazioni mentali, i labirinti del pensiero razionale. Alzi la mano chi di voi non vede la difficoltà di un simile approccio. Eppure, tutti siamo stati bambini, dovremmo essere facilmente in grado di recuperare quel tipo di visione così libera e incontaminata, ne abbiamo già fatto esperienza. Beh, non immaginate quanto possa essere complicato far dire a una persona cui si chiede “cosa vedi qui?”, mostrandole uno qualunque dei 22 Arcani Maggiori, che sta semplicemente vedendo un personaggio, maschile o femminile, fermo o in movimento, giovane o vecchio, nudo o vestito…

La neutrale osservazione della figura, che dovrebbe essere il punto di partenza dell’intero procedimento ermeneutico, viene completamente bypassata, per lasciare il posto all’immediata interpretazione, la quale dovrebbe invece costituirne l’ultimo passaggio. Pare, cioè, che l’attribuzione di senso all’immagine possa prescindere dalla sua analisi figurativa, cosa che, invece, permetterebbe di offrire alla lettura quel senso di concretezza e pragmaticità cui sarebbe opportuno tendere attraverso un’esperienza del genere.

Per avvicinarsi, dunque, a questo linguaggio iconografico, è bene ricordare di mettere in fila alcuni passaggi sequenziali che vanno a costituire quella che ho chiamato “Sequenza di Contatto“:

  • osservazione: è un momento imprescindibile di silenzioso avvicinamento all’immagine, che non è dato solo da un macroscopico impatto visivo con l’elemento principale, ma anche dalla considerazione di tanti piccoli dettagli, sfumature, particolari di cui è bene prendere subito consapevolezza. Negli Arcani dei Tarocchi, tutto è simbolo, tutto comunica a diversi livelli di percezione, pertanto è esercizio assai utile abituarsi, prima di effettuare qualsiasi altra operazione, a osservare attentamente quanto è raffigurato;
  • descrizione: è la fase per così dire “denotativa” della sequenza di contatto e consiste nel fornire una traduzione verbale quanto più oggettiva possibile di quello che stiamo vedendo. Tale descrizione sarà tanto più ricca quanto più accurata sarà stata l’osservazione che l’ha preceduta. Dire, ad esempio, che l’immagine del Matto dei Tarocchi di Marsiglia rappresenta un uomo in movimento con un sacchetto in spalla, un bastone in mano e un animale al seguito la descrive correttamente; dire che quell’uomo “è in viaggio”, che “si aiuta con un bastone” e che “un cane lo trattiene dall’andare” è già saltare allo step successivo, che non è né neutro, né oggettivo;
  • interpretazione: siamo, qui, nella fase che potremmo definire “connotativa” della sequenza, in cui entra prepotentemente in gioco l’aspetto soggettivo e personale del contatto con l’immagine. In questa fase, siamo finalmente liberi di leggerla secondo la nostra sensibilità, attribuendole il senso che per noi è quello più giusto. Il momento ermeneutico chiude la sequenza di contatto e non può essere correttamente espletato se non si sono prima effettuati i passaggi che precedono. Agire in tal modo, infatti, equivarrebbe a un prematuro “saltare alle conclusioni” senza essere prima passati attraverso la necessaria esperienza sensibile, di superficie, che sola ci consente di potenziare l’intuizione e di aprirci alla voce dell’inconscio.

La sequenza di contatto qui descritta si rivela utilissima nell’approcciare questo linguaggio “pittografico” – per dirla con le parole di Calvino ne “Il castello dei destini incrociati” – poiché ha l’indubbio vantaggio di condurre l’osservatore a scindere il piano oggettivo della rappresentazione figurativa da quello soggettivo della sua interpretazione. Se il primo è tendenzialmente uguale per tutti, il secondo si intride invece dell’individualità e della personalità di chi osserva, ragion per cui è, a mio avviso, necessario costruirsi – non senza impegno e un po’ di fatica – una propria modalità di interazione con i Tarocchi, al netto delle indicazioni standardizzate della manualistica esistente.

Compilare il “diario tarologico” che ho ideato – basato su di una metodologia che valorizza proprio l’apporto unico e originale di ciascuno, lasciandolo libero di interagire con le immagini secondo le proprie suggestioni – può certamente rappresentare un buon primo passo. Il primo di 22 affascinanti passi dentro sé stessi.

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