I Tarocchi interroganti (o dell’errore di cercare risposte in loro e non attraverso di loro)

Vi è un grande e diffusissimo equivoco che aleggia sull’uso dei Tarocchi: l’idea che essi servano a dare risposte, a fornire immediate soluzioni, a chiudere definitivamente un problema. L’utilizzatore comune dello strumento in questione desidera ottenere velocemente e senza particolare sforzo un responso definitivo al dilemma prospettato. Il focus non è sull’esplorazione delle dinamiche interne che muovono la questione e che non permettono alla persona di assumere una posizione chiara e propositiva rispetto a essa: al contrario, l’attenzione è tutta proiettata verso l’esterno, verso un intervento risolutivo messo in opera mediante un mazzo di carte cui vengono opportunisticamente attribuite doti quasi “taumaturgiche”.

In questo semplicistico approccio, c’è una grande responsabilità da parte di quegli operatori che fino ad oggi hanno alimentato il mercato cartomantico delle risposte facili, date molto spesso senza professionalità e senza rispetto alcuno nei confronti dei richiedenti, i quali, a loro volta, hanno volentieri lasciato che altri si assumessero la responsabilità di definire una situazione o stabilirne l’esito al posto loro, così sollevandoli dall’onere di attivarsi personalmente, anche correndo il rischio di sbagliare, insito in tutte le decisioni umane. Eppure, l’insegnamento dei Tarocchi va in tutt’altra direzione: imparare a stare in un contatto così profondo con sé stessi da essere capaci di percorrere autonomamente la strada che conduce alla consapevolezza di ciò che è opportuno fare o non fare.

Ecco, allora, che i Tarocchi, con i loro simboli ad accendere scintille di coscienza, diventano pietre luminose che rischiarano il cammino del consultante. La loro funzione non è, come erroneamente si crede, quella di trasportarci dal punto A, in cui ci troviamo, all’ipotetico punto B dove vorremmo arrivare (o pensiamo di voler arrivare); diversamente, essi ci sollecitano a mettere in discussione la nostra volontà, il nostro desiderio, le nostre aspettative. Sono guardiani della soglia che mettono alla prova la forza delle nostre intenzioni, instillano dubbi, pongono domande, creano problemi. La risposta tanto agognata, dunque, non è che l’atto finale conseguente a un preciso percorso di aumento di consapevolezza che si snoda attraverso la densità simbolica degli Arcani, latori di interrogativi, più che di soluzioni.

Immaginiamo, ad esempio, che una persona voglia sapere se sia meglio, per lei, esercitare l’attività X o Y. Come si può subito comprendere, questa si aspetta che le carte mostrino una precisa direzione, che decidano in vece sua, che le tolgano le castagne dal fuoco, per così dire. Supponiamo che per l’opzione X venga estratto l’Arcano XVI (Casa Dio o Torre) e per la Y l’Arcano XXI (Mondo). Un’applicazione didascalica e acritica dei classici e deleteri manuali di Tarocchi porterebbe a dare una risposta in due secondi netti, forse meno: XVI non è una buona scelta, XXI è perfetta. Abbiamo, però, iniziato dicendo che il Tarot non deve dare risposte, bensì aiutarci a porci le corrette domande perché possiamo essere noi, in prima persona, a estrarle dalla nostra interiorità. In quest’ottica, le due carte diventano entrambe interroganti, e non rispondenti: l’Arcano XVI non è ex se identificabile come l’opzione negativa, anzi, chiama a riflettere sulle potenzialità personali ed economiche del progetto, sulla possibilità che questo lasci al richiedente una grande libertà di espressione, di rinnovamento. Allo stesso modo, l’Arcano XXI non rappresenta ex se l’opzione positiva e potrebbe condurlo a interrogarsi se il progetto abbia capacità espansive delle sue abilità personali o lo chiuda, invece, in un senso di compiutezza che non consente più alcuna forma di crescita, personale e professionale.

L’esempio ora fatto dà contezza del senso dei “Tarocchi interroganti” citati nel titolo: le loro immagini ci chiamano a pensare e a problematizzare, a essere critici nel senso etimologico del termine, cioè capaci di scegliere, da soli, in piena libertà, dopo aver acceso qualche piccola ma potente luce di consapevolezza grazie alla forza simbolica delle immagini del Tarot. Un approccio “rispondente” chiude e limita il pensiero; un approccio “interrogante” lo amplifica, lo potenzia e lo apre a nuove e inedite prospettive.

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